Giovanni Piumati, Teodoro Sabachnikoff e l’avventura del “Codice sul volo degli uccelli” di Leonardo da Vinci
Giovanni Saccani, Società Dante Alighieri, Comitato di Torino
Luigi Firpo, nella sua prefazione al Codice sul volo degli uccelli edito ad Alpignano (TO) nel 1991 per i tipi di Tallone, sostiene che la presenza del Codice di Leonardo da Vinci nel patrimonio della Biblioteca Reale di Torino è dovuta essenzialmente a due illustri collezionisti stranieri: il russo Fiodor Sabachnikoff e al ginevrino Henri Fatio – un collezionista svizzero – che nel 1920 dona a Vittorio Emanuele III i fogli mancanti del codice vinciano completando così il manoscritto studiato dal piemontese Piumati e, appunto, dal russo Sabaschnikoff che nel 1893 donò a re Umberto I il manoscritto.
Prima di giungere in possesso della Biblioteca Reale il prezioso Codice ha subito non poche traversie. Le peripezie dell’opera, infatti, sono ben note: insieme alle altre opere di Leonardo (Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519) il Codice fu ereditato dal suo allievo Francesco Melzi (per testamento datato 23 aprile 1519); dalle mani di Francesco Melzi, che conservò gelosamente le opere nella sua villa di Vaprio D’Adda (in provincia di Milano), l’opera passò quindi nelle mani del suo successore Orazio che non riservò le stesse attenzioni riservate da Francesco al patrimonio leonardesco provocandone la prima drammatica dispersione tra vari collezionisti.
Uno di questi – ci informa sempre Firpo – è il nobile Giovanni Ambrogio Mazenta che arrivò a possedere ben tredici volumi riconducibili a Leonardo e che li donò intorno al 1590 ai due fratelli Alessandro e Guido che nuovamente li dispersero vendendoli in parte a Pompeo Leoni, scultore e noto collezionista e responsabile dello smembramento di molti codici vinciani.
Nel XVIII secolo il Codice approdò alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, da dove fu trasferito, su ordine di Napoleone, all’Institut de France di Parigi. Nella metà dell‘800 il manoscritto venne nuovamente trafugato, questa volta da Guglielmo Libri – descritto da Firpo come “insigne matematico e ineguagliato saccheggiatore di biblioteche” – diviso in due lotti e quindi probabilmente disperso tra vari collezionisti.
Negli anni finali dell’800 il piemontese Giovanni Piumati – uno dei primi studiosi seri dell’opera di Leonardo – e il suo sodale Fiodor Sabachnikoff , rintracciarono e comprarono anche se non integralmente, i diversi fogli che componevano il manoscritto di Leonardo, donandolo ai Savoia e solo nel 1920, come già ricordato, il “Codice sul volo degli uccelli” torna completo così come è conservato oggi in Biblioteca Reale di Torino.
L’intero “Codice sul volo degli uccelli” è composto da 18 carte (oltre le due copertine); il titolo dell’opera con il quale è ormai conosciuto in tutto il mondo è frutto di una convenzione, Leonardo infatti non gli diede alcuna intestazione.
Il “Codice” reca scritto il nome dell’autore sull’esterno della copertina anteriore e, in tarda grafia di ignoto, il titolo “Ucelli et altre cose” ; la scritta – ormai quasi illeggibile – è attribuita da Firpo a Pompeo Leoni, che l’aggiunse sicuramente dopo esserne entrato in possesso nei primi del Seicento. Sarà Giovanni Piumati, insieme a Théodore Sabachnikoff, a pubblicare il primo facsimile del “Codice sul volo degli uccelli”.
Lo studio pubblicato da Sabachnikoff e Piumati (che ne curano l’edizione nei minimi particolari dando origine a uno studio con diversi caratteri di modernità che lo rendono, a mio parere, un documento multimediale ante litteram) sul “Codice” venne edito a Parigi nel 1893 da Rouveyre, Piumati stesso cura la trascrizione e le note, mentre la traduzione francese è di Charles Ravaisson-Mollien. Copia autografata di questo studio venne donato alla coppia reale ed è anch’essa conservata in Biblioteca Reale ed è resa unica dalle dediche particolari dei due autori che le scrivono imitando la scrittura rovesciata e sinistrorsa di Leonardo da Vinci.
La struttura del libro è straordinariamente moderna nella sua concezione: al suo interno troviamo un fac-simile del “Codice sul volo degli uccelli “ di prodigiosa fattura, inciso e impresso da E. Angerer e Goeschl in Vienna; non contenti di ciò i due appassionati studiosi di Leonardo progettano di inserire alcune veline su cui sono riprodotti i singoli disegni contenuti nel Codice leonardesco. Le “veline” sono a loro volta incollate da un solo lato per consentire, sollevandole, di vedere il disegno in trasparenza e goderne appieno i geniali tratti. I disegni così isolati vengono descritti e commentati.
Strumento, ripeto, straordinario per la capacità di anticipare bisogni di comunicazione che solo circa due secoli più avanti potranno essere soddisfatti dall’avvento della multimedialità.