La Matematica di Leonardo tra i suoi fogli.
Giuseppe Manisco, Museo Leonardo di Galatone, Lecce
Un mio dubbio ricorrente è quello di dire o non dire alle tantissime scolaresche che visitano il Museo “Leonardo da Vinci nella Città del Galateo” che Leonardo non ha fatto degli studi formativi regolari: non conosce bene il latino, il greco e neppure la matematica, a volte sbaglia dei calcoli.
Se dicessi che Leonardo non è andato a scuola ma poi è diventato quello che ben conosciamo potrebbe indurre certuni scolari ad illudersi che, anche se non si studia, fa lo stesso. È un messaggio pericoloso e soprattutto per nulla condivisibile dal corpo insegante. Tuttavia, considerando che la verità non debba essere nascosta, credo di aver affinato delle tecniche con le quali posso informare senza, con questo, traumatizzare.
Esplorando i Codici di Leonardo ci si imbatte sovente in misurazioni, calcoli ragionamenti che appaiono tipici del modo di relazionarsi di Leonardo con la matematica e la fisica, quella fisica che non fa sconti: non si può essere fisici se non anche dei matematici.
E allora si scopre come Leonardo affronti i problemi di ottica: lenti convergenti, lenti divergenti, distanze focali e raggi di curvatura, sfociando nella progettazione di un piccolo cannocchiale già cento anni prima di Galilei .
E si scopre quale metodo utilizzi per eseguire le moltiplicazioni: ben diverso da quello attuale e soprattutto più farraginoso, esponendo più facilmente a possibili errori.
E che dire dell’enunciazione del primo principio d’inerzia, della discussione del piano inclinato e del moto perpetuo, del calcolo della spinta del vento sulle pareti, ma anche del modo come affronti il rapporto fra una circonferenza ed il relativo diametro, introducendo un particolare tutto leonardesco, il Pi greco.