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LEONARDO E IL SOGNO DEL VOLO. INTUIZIONI E REALTA’

Basilio Di Martino, Direttore degli Armamenti Aeronautici

            In quella incredibile stagione della storia che va sotto il nome di Rinascimento è ancora presto per parlare di scienza modernamente intesa, un concetto che molto deve alle formulazioni rigorose di Galileo Galilei e Isacco Newton, due figure di giganti che solo qualche decennio dopo avrebbero fatto la loro comparsa sulla scena, ma è certamente possibile individuarne le premesse in quell’attenzione per la matematica, per la geometria e per lo studio dei fenomeni naturali che è propria di molti dei protagonisti di quell’irripetibile periodo della vicenda umana. Questa attenzione caratterizzava la maggioranza degli interpreti delle arti figurative, e non solo, come sarebbe logico attendersi, degli architetti, una categoria al tempo indistinguibile da quella degli ingegneri, ma anche i più celebrati maestri della pittura e della scultura, protesi a superare gli schematismi e i codici rappresentativi dell’arte gotica.

            Tra gli altri vi fu certamente anche Leonardo da Vinci che nelle sue opere condensò buona parte del sapere del tempo creando capolavori immortali oggetto ancora oggi di studi e interpretazioni più o meno fantasiose. La dimensione “scientifica” dei suoi studi appartiene invece a un mondo più personale e più intimo, traducendosi in appunti e schizzi che sembrano il frutto di curiosità e interessi personali più che di ricerche organiche, prestandosi a essere ricondotti a un contesto che oggi collocheremmo nella categoria degli hobby e dei passatempo.

            E’ soltanto nel XIX secolo che la riscoperta e lo studio dei codici leonardeschi rivelano la poliedricità e la genialità del loro autore, sottolineando però al tempo stesso come queste intuizioni non abbiano quasi mai trovato pratica applicazione, anche per i limiti della tecnologia disponibile, e in primo luogo per la mancanza di idonee fonti di potenza. Una serie di fattori, tra i quali non furono certo secondari la curiosità del pubblico per tutto ciò che aveva un alone di mistero, e almeno in Italia l’intenzione di esaltare il genio italico in funzione del consolidamento dell’ancor giovane stato unitario, contribuirono alla fortuna di questi codici indipendentemente da una seria valutazione dei loro contenuti.

            Tutto questo non sminuisce l’importanza delle intuizioni di Leonardo ma, se possibile, restituisce loro una dimensione più umana e più autentica, ben lontana da quella di una sorta di mago o di veggente in grado di divinare il futuro. La sua capacità di confrontarsi con i campi più disparati del sapere, tipica dell’uomo del Rinascimento, trova il suo fondamento nel sapere degli antichi, un sapere a cui Leonardo ha un accesso più mediato di altri suoi contemporanei stante la poca dimestichezza con i classici, e nell’osservazione della natura, e questo può valere anche per i suoi ben noti schizzi di macchine volanti.

            Il volo librato era una soluzione che aveva già trovato degli interpreti, e forse proprio per questo motivo è anche il tipo di applicazione, e forse la sola, che Leonardo davvero sperimentò, e che più di ogni altra appare antesignana di realizzazioni pratiche a lui posteriori di centinaia d’anni. Gli studi sulle ali battenti, per quanto affascinanti e basati su un approfondito esame delle ali degli uccelli, hanno invece molto di velleitario, soprattutto per la scarsa o nulla attenzione al problema del rapporto peso-potenza, mentre più interessanti, almeno dal punto di vista concettuale se non da quello della effettiva praticabilità, sono gli schizzi di un ipotetico elicottero a vite elicoidale. Un carattere che potremmo definire ludico hanno infine i ben noti disegni di un paracadute, un dispositivo per il quale all’epoca era difficile immaginare un utilizzo che andasse più in là dell’esibizione spettacolare e rischiosa del salto da una torre o dal ciglio di un dirupo. Il vero significato dell’opera di Leonardo non sta quindi in una sua ipotetica quanto improbabile capacità di prevedere il futuro, ma nella capacità di interpretare al meglio un’epoca di passaggio, in cui l’uomo guarda con curiosità alla natura recuperando chiavi di lettura che gli vengono dal passato e forgiandone di nuove.