Leonardo e il volo, tra intuizioni e realtà
Giulio Avanzini, Università del Salento
Nessuna delle macchine leonardesche ha lasciato nell’immaginario collettivo una traccia più vivida di quella generata dalle sue macchine volanti: l’ornitottero, la coclea e il paracadute. Alla base della concezione di tutte e tre le macchine si possono ritrovare tanto sorprendenti intuizioni quanto evidenti tracce di un’ingenuità pre-scientifica.
Mancavano, a Leonardo, gli strumenti della fisica matematica, necessari per passare da un approccio basato sul semplice tentativo di duplicare quanto si osserva in Natura, a una concezione moderna del progetto (che sia civile, meccanico o aerospaziale), basato su fenomeni ripetibili e leggi quantificate.
Nel corso dell’intervento si discuteranno le caratteristiche delle tre macchine leonardesche, evidenziandone l’impossibilità fisica di funzionare, ma cogliendo nel contempo in esse il seme dell’intuizione geniale che emerge nel confronto con le loro controparti moderne.
In un arco di cinque secoli si è arrivati a perfezionare le macchine volanti, ad ala fissa o rotante, fino a renderle un elemento ormai scontato del panorama (in pochi al giorno d’oggi alzano gli occhi al passaggio incuriositi dal passaggio di un elicottero o di un aeroplano).
Ciononostante, molti fatti fisici riguardanti la genesi delle forze aerodinamiche rimangono tuttora oggetto di dibattito in seno alla comunità scientifica e molti dei limiti che hanno impedito a Leonardo di coronare il suo sogno del volo affliggono ancora oggi il funzionamento delle nostre meravigliose ma ancora imperfette macchine volanti.