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Paesaggi leonardeschi: dall’Annunciazione alle marcite

 Giuseppe Tagarelli, Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo (CNR-ISAFoM)

            La rappresentazione artistica del paesaggio ha origini antiche. Sebbene nell’arte greca e soprattutto in quella romana il paesaggio presentasse qualche carattere autonomo, nell’arte paleo-cristiana e fino al Trecento gli ambienti fanno solo da sfondo poco realistico. Furono Giotto (1267-1337) e Simone Martini (1284-1344) a rappresentare il paesaggio come spazio reale composto di cieli azzurri, edifici, alberi e montagne rinunciando così agli sfondi decorativi e simbolici che fino ad allora avevano caratterizzato l’arte medievale. Dello stesso periodo e di grande modernità, è il ciclo degli affreschi di Ambrogio Lorenzetti (1290-1348) “Allegoria ed effetti del buono e del cattivo governo” (1338-1339) il cui paesaggio rurale ed urbano rimane dopo circa ottocento anni una preziosa testimonianza della vita quotidiana di allora. Un grande apporto alla nuova tendenza di rappresentazione del paesaggio viene anche dalla diffusione degli studi delle regole della prospettiva geometrica da parte di Brunelleschi (1377-1446) e di Masaccio (1401-1428), nonché dalla pittura fiamminga ed in particolare dalle opere di Jan van Eyck (1390-1441).

            E’ in questo nuovo panorama artistico, che pone l’uomo al centro dello spazio e che rappresenta paesaggi ed ambienti molto conformi alla realtà, che si inserisce la produzione artistica di Leonardo da Vinci. In particolare, si innesta l’idea leonardesca che la natura è l’alleato più importante della pittura perché «La pittura rappresenta al senso con più verità e certezza l’opere de la natura, che non fanno le parole o le lettere» ed è così che «L’opere del pittore rappresentano le opere d’essa natura». La rappresentazione del paesaggio in Leonardo risulta dunque ricca di elementi simbolici e psicologici, ma anche frutto di profonde riflessioni scientifiche scaturite dall’osservazione diretta dei fenomeni naturali.

            Nella comunicazione saranno discusse le teorie dello scienziato in ambito geologico, idrologico e meteorologico, che furono tradotte, dal Leonardo artista, nei paesaggi di alcune sue opere più rappresentative. E’ il caso della «prospettiva aerea», l’intuizione artistica per dare profondità al paesaggio, come quello per esempio, dell’Annunciazione, nata dall’osservazione scientifica che l’aria si fa man mano più densa, a causa dell’umidità, quanto più distanti sono gli oggetti osservati: «Tu sai che in simil aria le ultime cose vedute in quella, come son le montagne, per la gran quantità dell’aria che si trova infra l’occhio tuo e dette montagne, queste paiono azzurre, quasi del color dell’aria […] Adunque farai il primo edificio del suo colore; il più lontano fàllo meno profilato e più azzurro, e quello che tu vuoi che sia più in là altrettanto, fàllo altrettanto più azzurro; e quello che tu vuoi che sia cinque volte più lontano, fàllo cinque volte più azzurro; e questa regola farà che gli edifici che sono sopra una linea parranno d’una medesima grandezza, e chiaramente si conoscerà quale è più distante e quale è maggiore dell’altro».

            Tra i dipinti presi in considerazione, la Gioconda offre un’ulteriore chiave di lettura dei paesaggi di Leonardo, legata alla domanda se i luoghi rappresentati fossero di fantasia o realmente frequentati dal maestro. Per l’ambiente alle spalle della Monna Lisa sono state avanzate molte ipotesi. Alcuni ricercatori lo collocano tra la Toscana e l’Umbria e più precisamente nei dintorni di Arezzo; altri studiosi ritengono che possa trattarsi di un luogo vicino Piacenza; altri ancora avanzano l’ipotesi che possa essere riconducibile al paesaggio prealpino intorno a Lecco o alla Valtellina. Al di là degli studi che supportano una tesi piuttosto che un’altra, tale argomento è di grande interesse per le ricadute sociali, economiche e culturali che può avere oggi su un territorio.

            In questo senso è molto interessante il caso delle marcite, un sistema di prati continuamente irrigati per la coltivazione di erbe da foraggio anche durante la stagione invernale. Questa coltura era molto diffusa nella valle del Ticino ed in particolare nel territorio di Vigevano che Leonardo frequentò come ingegnere ducale a seguito dell’incarico attribuitogli da Ludovico Maria Sforza.

            Le annotazioni ed i disegni di Leonardo per migliorarne il sistema idraulico, come per esempio «Serare a chiave uno incastro da Vigievine» (Manoscritto H f. 1r), «Mulina a Vigievine» (Manoscritto H f. 94v), «la scala di Vigievine» (Manoscritto H f. 65v) e «Fontanili» (Codice Leicester, f. 7v) hanno avuto il merito di sollevare la questione della conoscenza e della tutela dell’ambiente naturale e culturale come un fatto strutturale e permanente. Ciò ha determinato una consapevolezza diffusa del valore del paesaggio, come elemento identitario e come manifestazione di cultura e di possibile sviluppo economico. È la cosiddetta socialità del paesaggio, sancita a Firenze nella Convenzione Europea del Paesaggio.